Emergenza Covid-19: il caso dell’Unione della Romagna Faentina

8 aprile 2020

Il Progetto ITALIAE ha avviato un focus tematico sull’emergenza Covid-19, ed in particolare su come l’associazionismo comunale sta rispondendo alla crisi in atto dal punto di vista della gestione dell’emergenza, dei servizi agli utenti e delle soluzioni organizzative. Il presente contributo è stato redatto a seguito di un’intervista realizzata il 2 aprile 2020 a Paolo Ravaioli, Dirigente Coordinatore dell’Unione della Romagna Faentina, che fa parte della Community del Progetto.

1. L’emergenza Covid-19 sta mettendo a dura prova l’intero Paese, sia dal punto di vista sanitario, che dal punto di vista sociale ed economico. Com’è la situazione sul vostro territorio?
Occorre fare una premessa: la situazione, qui come in tutto il Paese, è in continua evoluzione. Ad oggi, dal punto di vista sanitario non stiamo vivendo una situazione drammatica come in altri territori: registriamo circa 40 contagiati (molti dei quali in ambito sanitario) e, purtroppo, anche 6 decessi. Le misure di contenimento del contagio sono state adottate tempestivamente, con ovvie ricadute sulle attività economiche. Tutto ciò ha chiare ripercussioni sia sull’occupazione che sulla quotidianità dei cittadini. Stiamo attualmente lavorando sulla misura dei ‘buoni alimentari’, elemento che ci fa toccare con mano le urgenze materiali. Un’altra considerazione va fatta sugli impatti di carattere sociale: il nostro territorio fa della socialità e dell’ospitalità un carattere identitario, e l’attuale condizione di isolamento mette a dura prova questa connotazione, specialmente per le persone anziane.

2. Quali sono le principali criticità che avete dovuto affrontare all’interno della vostra comunità e quale strategia ha messo in campo l’Unione per fronteggiare l’emergenza?
Il primo aspetto che è stato necessario affrontare è stato il presidio del rispetto delle regole, tramite controlli da parte della polizia locale su tutto il territorio dell’Unione. Ci siamo attivati prima di tutto su questo fronte prima ancora di attivarci sui servizi alla persona, per evitare la diffusione del contagio. È stata necessaria un’azione di contrasto impegnativa. Inoltre, a supporto delle persone in quarantena abbiamo attivato servizi di consegna di cibo e farmaci, tramite associazioni di Protezione civile, nonché, a favore di tutta la popolazione, abbiamo potenziato la comunicazione anche sui social (specialmente su Facebook, dove quotidianamente i cittadini vengono aggiornati dal Sindaco-Presidente sull’evolversi della situazione), ed incrementato il presidio dei punti di contatto telefonico (servizi sociali, polizia municipale e SUAP).

3. Quali sono le principali soluzioni che avete adottato per garantire i servizi alla persona e alle fasce più fragili? Avete adottato soluzioni innovative e sviluppato nuovi servizi?
Per sostenere le persone con maggiori difficoltà e le fasce più deboli stiamo lavorando su più fronti. Tutti i cittadini over-75 sono stati contattati telefonicamente da amministratori o dipendenti dell’Unione (nei Comuni più piccoli addirittura dai sindaci o dagli assessori, forti di una conoscenza più diretta della cittadinanza). Lo scopo di questi contatti è duplice: accertarsi delle condizioni di salute e ricordare a tutti quali sono i dettati normativi da rispettare. Solo a Faenza gli over-75 sono 9.000, e per contattarli tutti abbiamo dedicato una ventina di dipendenti, molti dei quali nuovi assunti degli ultimi mesi.
Sin dal momento in cui sono entrate in vigore le misure di distanziamento sociale siamo riusciti ad attivare, con l’ausilio del tessuto associativo, il servizio per la consegna a domicilio di farmaci e spesa. L’emergenza ci ha inoltre portato ad erogare dei servizi che già erogavamo attraverso soluzioni innovative, anche con l’ausilio della tecnologia: ad esempio, malgrado le restrizioni, il servizio del centro anti-violenza continua ad essere al servizio delle donne che subiscono violenza, limitando i colloqui personali e prediligendo colloqui telefonici o tramite videochiamata. Anche l’Informagiovani sta proseguendo le proprie attività in modalità ‘smart’, prestando supporto ai ragazzi tramite Skype negli orari di apertura.
Un altro ambito di intervento rilevante è quello del supporto alle persone con disabilità psichica, per le quali l’isolamento domestico rappresenta una situazione particolarmente difficile: per queste persone uscire all’aperto rappresenta un elemento di valore significativo: stiamo lavorando per trovare una situazione compatibile con il contesto normativo visto che, pur trattandosi di una condizione particolare, l’accesso ai luoghi pubblici è limitato.
Abbiamo pubblicato l’avviso e la modulistica necessaria per il riconoscimento del buono spesa ai nuclei familiari in difficoltà.

4. Come avete organizzato il lavoro agile? C’erano condizioni di contesto che hanno favorito questa modalità di lavoro a distanza oppure siete partiti ex-novo? Quali criticità avete riscontrato nell’applicare lo smart working?
Abbiamo attivato lo smart working fin dai primi segnali dell’emergenza, prima che diventasse un suggerimento o una disposizione di legge. Siamo sicuramente forti delle sperimentazioni fatte negli ultimi due anni, e questo elemento ci ha permesso di avvantaggiarci dal punto di vista organizzativo. La sperimentazione è stata fatta negli anni precedenti su 10 persone, strutturando l’attività sia dal punto di vista regolamentare che della disciplina interna.
Se all’inizio siamo stati noi a promuovere questa modalità di lavoro, negli ultimi giorni siamo sommersi da richieste dei nostri dipendenti. Nelle ultime quattro settimane, con grande sforzo, abbiamo attivato dei percorsi che, in altri contesti, avrebbero richiesto anni. I dipendenti dell’Unione sono 506, distribuiti sui 6 presidi territoriali comunali (tutti i dipendenti dei Comuni sono trasferiti all’Unione dal 2018): se escludiamo dal computo il personale operaio ed i componenti del Corpo di Polizia Locale, per i quali non è possibile prescindere dal lavoro in presenza, su un teorico di 386 sono 322 i dipendenti a lavorare presso le proprie abitazioni, corrispondenti all’83% dei dipendenti.
Abbiamo ottimi segnali da parte dei dipendenti che stanno apprezzando questa modalità di lavoro, e confidiamo che questo livello di giudizio si confermi anche dopo l’emergenza. L’Unione continuerà a promuovere questa modalità di lavoro anche nel post-emergenza, e sarà un’occasione per riorganizzare le attività ed i processi, distinguendo nettamente il lavoro che occorre fare in presenza da quello che è possibile fare a distanza. Abbiamo attivato, infatti, percorsi di lavoro agile che dureranno 4 mesi: cogliendo l’occasione per non limitarlo all’emergenza, ma per impostare per ciascun dipendente un programma di lavoro che possa andare avanti anche dopo la fine dell’emergenza, ovviamente in modalità diversa da come avviene ora (attualmente i dipendenti sono in smart working per tutta la settimana lavorativa, mentre nel post-emergenza si tratterà di lavoro agile per massimo due giorni alla settimana).
Una criticità che è emersa, con una certa sorpresa, è stato un certo grado di "analfabetismo digitale": abbiamo tutti uno smartphone e un computer sulla scrivania, ma non tutti sappiamo muoverci nel mondo del digitale sfruttandone appieno le potenzialità. Abbiamo dovuto accompagnare passo passo alcuni dipendenti nell’attivazione della strumentazione da remoto, e questo elemento deve farci riflettere su quanto fruiamo solo parzialmente degli strumenti che abbiamo a disposizione. Nel prossimo futuro dovremmo sicuramente lavorare sul tema della tecnologia e della formazione interna per potenziare e migliorare l’efficienza delle prestazioni lavorative.
Infine, occorre segnalare che negli ultimi mesi sono state assunte circa 50 persone: per alcune di loro, in servizio da poche settimane, il ricorso allo smart working è stato più complicato, nonostante le loro abilità digitali, in quanto ancora non completamente autonomi sul lavoro ed in addestramento.
Per tutti i dipendenti, e non solo per i neoassunti, stiamo poi organizzando momenti di formazione online, in videoconferenza, curati da specialisti nelle varie materie, quale misura di rafforzamento delle competenze in questo periodo di rallentamento di molte attività amministrative.

5. In che termini l’associazionismo comunale ha rappresentato un valore aggiunto per fronteggiare la crisi in atto?
Ogni iniziativa è stata portata avanti in maniera unitaria su tutto il territorio dell’Unione, come nel caso delle attività relative al ‘buono alimentare’. Questo processo, così come tutti gli altri che stiamo portando avanti anche in questa fase emergenziale, è stato facilitato e reso possibile in tempi brevi dalla scelta, lungimirante, di conferire tutte le funzioni, i servizi e il personale all’Unione. Ovviamente questo richiede un coordinamento tra i Sindaci dei comuni, che si sentono quotidianamente in video conferenza dopo aver ascoltato autorità sanitaria e protezione civile.

6. Quali saranno le priorità su cui bisognerà intervenire sul piano dei servizi e della gestione organizzativa nel post-emergenza?
Sicuramente occorrerà rafforzare le dotazioni tecniche e tecnologiche: nonostante le attività stiano procedendo regolarmente, ci siamo resi conto che la strumentazione può essere migliorata. Occorre investire di più in dotazioni se vogliamo potenziare lo smart working anche in tempi non emergenziali: ad oggi ciò avviene beneficiando di strumenti di proprietà dei dipendenti, tranne una decina di casi in cui siamo riusciti a fornire strumenti dell’Unione. Avremmo potuto essere più veloci in questa riorganizzazione se fossimo stati più forniti e strutturati sotto il punto di vista delle dotazioni.
Inoltre, occorre affrontare in maniera sistematica la gestione di un’emergenza virologica: tra gli scenari di emergenza supposti, in sede di prevenzione, insieme alla protezione civile, non avevamo considerato questa evenienza, ma ci siamo focalizzati su altre calamità (come alluvioni e terremoti). Dotazioni di dispositivi di protezione individuale come le mascherine non esistevano. Anche se la situazione migliorerà, saremo costretti, sebbene parzialmente, a convivere con il virus, e pertanto una dotazione di dispositivi di protezione sarà necessaria.
Inoltre, dobbiamo ancor più velocemente puntare all’obiettivo di digitalizzare quanti più servizi possibile, senza che sia necessario che gli utenti si rechino di persona presso le sedi dell’ente erogatore. Alcuni servizi sono già digitalizzati, ma dobbiamo anche migliorare la comunicazione per informare i cittadini su quello che già esiste in forma digitale, facendo sì che quei servizi siano effettivamente domandati a distanza. Il contesto post-emergenza ci aiuterà ad andare in questa direzione.
Infine, sul fronte dello sviluppo del territorio, ricordo che proprio in queste settimane avremmo dovuto approvare il Piano Strategico dell’Unione. Ci siamo detti che questo piano dovrà essere rifinalizzato, aggiornandolo a questo nuovo scenario dove il primo obiettivo a cui puntare è la ripartenza. Non si tratta di una priorità organizzativa, ma strategica: dobbiamo ritarare i nostri obiettivi di medio-lungo termine alla luce del nuovo scenario, ed immaginare il futuro del nostro tessuto sociale ed economico anche alla luce dell’attuale contesto.

7. Quando l’emergenza sarà finita, e ci auguriamo tutti che questo momento arrivi presto, cosa avrete appreso, come Unione, da questa esperienza?
Avremo sperimentato sia una fase di resistenza al cambiamento, sia la maggior resilienza dell’organizzazione ed una maggiore capacità di gestione dell’emergenza. Con l’evoluzione della situazione, inoltre, abbiamo riscontrato una positiva ed inaspettata flessibilità operativa. Questa flessibilità ha riguardato principalmente la riprogrammazione delle priorità, con conseguente assegnazione di risorse e compiti: abbiamo velocemente assegnato obiettivi e compiti nuovi ad alcuni servizi. L’esperienza in corso sta evidenziando a tutti noi l'importanza di una organizzazione strutturalmente flessibile, la cui resilienza organizzativa diventa un punto di forza di fronte alle sfide ed agli imprevisti presenti e futuri.
Inoltre, su tutto il territorio dell'Unione abbiamo riscontrato una straordinaria offerta di volontariato, sia sulla città di Faenza (dove molti interventi sono coordinati dalla Croce Rossa, e altri dalle associazioni dei Rioni) che sugli altri Comuni. Stiamo censendo tutte le candidature, ma speriamo che questo surplus di offerta non debba essere messo in campo: ciò vorrà dire, altrimenti, che la situazione sarà peggiorata.

Per saperne di più:

Sito dell’Unione della Romagna Faentina
Servizio di consegna alimenti e farmaci a domicilio
SOS donna
Operazione Buono Spesa
Informagiovani Smart

Torna all'inizio del contenuto