Città, borghi e la sfida green nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

23 maggio 2022

Dalle interviste realizzate da ITALIAE alle esperte Alessandra Bonfanti di Legambiente e Rosanna Mazzia, Presidente dell’associazione Borghi autentici d’Italia emergono diverse riflessioni in merito a temi che stanno diventando di primo piano nell’agenda del governo italiano e non solo.

Il tema della resilienza accompagna un rinnovato sviluppo della Pubblica amministrazione, sempre più digitale, ma anche il rinascimento di aree che sembravano cristallizzate nel tempo. La riscoperta dei borghi, delle aree interne e di quelle montane ha così dato nuovo impulso al tema dello sviluppo “verde”. Nel PNRR un capitolo generoso di investimenti, pari a 135 miliardi di euro, è stato infatti stanziato per “favorire la nascita e la crescita di 30 Green Communities, cioè comunità locali coordinate e associate tra loro che vogliono realizzare insieme piani di sviluppo sostenibili dal punto di vista energetico, ambientale, economico e sociale”.

Gli esperti del team di ITALIAE hanno incontrato e intervistato Alessandra Bonfanti di Legambiente, per parlare delle tematiche connesse al rapporto tra città e periferia, tra borghi e esperienze green, e Rosanna Mazzia, Presidente dell’associazione Borghi autentici d’Italia, per approfondire il legame tra il nuovo approccio alla vita nei borghi e la sfida della resilienza. Due voci e due esperienze che tracciano un percorso di crescita e opportunità per una fotografia di contesto e di futuro che qui di seguito è riportata.

Negli ultimi due anni l’attenzione mediatica sui piccoli Comuni e sui Borghi italiani è tornata ad essere alta soprattutto in quanto connessa al tema del lavoro agile e più in generale a quello della “fuga” dalle grandi città in seguito all’emergenza pandemica.

Questo ha fatto sì che la visione progettuale relativa a questi territori sia oramai strettamente legata a quella delle città stesse, di cui borghi e piccoli Comuni rischiano di divenire una sorta di estensione geografica per i residenti in cerca di nuovi spazi lavorativi e di riposo.

Un limite “ideologico” vero e proprio, che rischia di disincentivare lo sviluppo di piani e strategie costruite appositamente per questi luoghi.

Relegando i piccoli Comuni al ruolo di “appendici” dei grandi centri, si finisce infatti per svuotarli di quelle nuove funzioni – non per forza connesse al settore turistico - che sarebbero invece pronti ad accogliere grazie anche alla spinta del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Quella di “via di fuga dalle città” è infatti una visione parziale che si ha dei borghi e dei piccoli Comuni, e che non solo non tiene conto dell’eterogeneità di questi territori, ma che inoltre non considera la complessità degli stessi, soprattutto in un territorio come quello italiano (e ancor più nello specifico quando si parla di aree interne).

Questi luoghi scontano infatti spesso criticità irrisolte sia dal punto di vista infrastrutturale che relative ai servizi offerti, e che è necessario risolvere prima di intraprendere piani a lungo termine che prevedono, fra tutti, l’afflusso di un gran numero di persone dai centri urbani.

Bisognerebbe dunque cominciare ad inquadrare anche le politiche dei piccoli borghi all’interno di piani a lungo termine, seguendo anche il solco di quelle che sono, ad esempio, le politiche per l’ambiente.

Questo è un passaggio necessario, che non può non precedere ogni altro intervento riguardante le politiche abitative e di ripopolamento di questi territori.

È necessario, infatti, che una nuova progettualità unica dei Borghi e dei piccoli Comuni parta appunto da idee che privilegino il punto di vista dei residenti, sia quelli attuali - di cui va evitata “l’uscita” - che di quelli futuri.

Un esempio su tutti è l’investimento nella cosiddetta “mobilità dolce”, che deve essere in grado di andare al di là di semplice driver per il turismo di nicchia, ma che sia inquadrato in un’ottica più estesa di “utilizzo dei luoghi” a 360 gradi.

 

I piccoli Comini e i borghi vanno infatti riempiti di funzionalità, che possono essere connesse sia al mondo dei servizi che al tema della mobilità mista.

Per fare ciò, bisogna che cambi il tipo di approccio, a partire dalle politiche di digitalizzazione dei luoghi: non è più pensabile, infatti, che la transizione al digitale dei borghi passi dallo strumento delle cosiddette “Aree bianche” senza quindi un investimento importante “di default” ed ideologico oltre che economico.

Solo in questo modo sarà possibile “connettere” definitivamente queste aree, favorendo quindi anche altri interventi a cascata, come quelli relativi alla prevenzione e al monitoraggio del dissesto idrogeologico, che necessitano appunto di importanti investimenti in connettività.

È necessario, in sostanza, restituire una “funzione” a questi luoghi, che vada al di là di quella ricreativa e che si basi sul valore intrinseco degli stessi, legato ad esempio alla filiera del food o dell’enoturismo.

Le risorse e le potenzialità sono tante, ed è questo il momento per una seria riflessione su come farle fruttare al meglio mantenendo per questi ruoli un ruolo da protagonista “geografico” e non solo di prolungamento dei centri cittadini.

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