Le trasformazioni scientifiche, tecnologiche, economiche e sociali degli ultimi 30 anni hanno stravolto le coordinate su cui si basa il governo del territorio, ovvero lo spazio e il tempo. Hanno avvicinato ciò che era lontano, hanno reso simultaneo ciò che era sequenziale.
I vecchi parametri di efficienza scalare e massa critica minima, sui quali era stata disegnata la geografia amministrativa in un altro stadio dello sviluppo socioeconomico del Paese, sono molto cambiati.
Non si tratta di un fenomeno solo italiano. Paesi assimilabili al nostro (Belgio, Francia, Germania, Polonia) ne hanno acquisito consapevolezza e hanno dunque adottato pervasive riforme dell’amministrazione territoriale, superando la autoreferenzialità del singolo comune, a favore di equilibrati sistemi intercomunali di aree intermedie: aree metropolitane, reti urbane, comunità montane e isolane, aree interne. Hanno specializzato, ove esistenti, su poche funzioni strategiche gli enti di area vasta. Il tutto valorizzando il principio di sussidiarietà tra i livelli di governo.
In altri termini, il territorio è stato riorganizzato sulla base della cooperazione di enti locali corrispondenti a piattaforme di sviluppo, per perseguire più alti livelli di crescita economica e inclusione sociale. Tendenza, questa, sostenuta e favorita anche dall’Unione Europea ed espressamente richiesta, all’Italia come a tutti gli altri gli Stati membri, nel testo degli Accordi di partenariato.