Emergenza Covid-19: strategie e interventi dell’Unione Bassa Reggiana

9 aprile 2020

Tra le interviste realizzate dal Progetto ITALIAE nell'ambito dei focus tematici sull’emergenza Covid-19, ed in particolare su come l’associazionismo comunale sta rispondendo alla crisi in atto dal punto di vista della gestione dell’emergenza, dei servizi agli utenti e delle soluzioni organizzative, quella realizzata il 3 aprile 2020 a Elena Gamberini, Direttore dell’Unione Bassa Reggiana, che fa parte della Community del progetto.

1. L’emergenza Covid-19 sta mettendo a dura prova l’intero Paese, sia dal punto di vista sanitario, che dal punto di vista sociale ed economico. Com’è la situazione sul vostro territorio?
La situazione è stata abbastanza urgente fin da subito perché il nostro territorio è molto vicino a quelli di Parma e Piacenza, alcuni dei capoluoghi più colpiti. Un grande vantaggio nella gestione dell’emergenza è stata la coincidenza dell’Unione con l’ambito di operatività del distretto sanitario. Il direttore generale AUSL di Reggio Emilia ha attivato tramite la CTSS - Conferenza Territoriale Socio Sanitaria (in modalità a distanza) una sorta di unità di crisi che si è coordinata con tutti i sindaci della provincia di Reggio Emilia; il nostro direttore di distretto si è invece raccordato quotidianamente con la Giunta dell’Unione. La Giunta dell’Unione, che da sempre si convoca settimanalmente il mercoledì mattina, ha mantenuto l’appuntamento con la modalità a distanza nelle ultime settimane, tramite piattaforma online, e i sindaci hanno cercato di monitorare in maniera composta e ordinata le ordinanze e i decreti, cercando inoltre di condividere e gestire il più efficacemente possibile la comunicazione con la cittadinanza (anche tramite social network, dirette Facebook, Instagram, siti comunali, sito Unione, etc.).
Come numero di contagi siamo in linea con i numeri degli altri territori dell’Emilia-Romagna. E come tanti altri territori stiamo affrontando nelle ultime settimane alcune situazioni di contagio presso alcune CRA (casa protetta per anziani), elemento che è diventato una urgenza nell’urgenza.

2. Quali sono le principali criticità che avete dovuto affrontare all’interno della vostra comunità e quale strategia ha messo in campo l’Unione per fronteggiare l’emergenza?
La prima criticità che abbiamo dovuto affrontare è stata la comunicazione alla cittadinanza delle ordinanze e della spiegazione della gravissima emergenza, per orientare i comportamenti di distanziamento sociale; subito in second’ordine il tema legato ai dipendenti comunali e unionali. Sono state fornite loro disposizioni con le prime indicazioni in merito al decalogo del Ministero Salute e prime prescrizioni sul distanziamento a cui poi sono seguite le successive disposizioni di presenze alternate negli uffici fino alla attivazione dello smart working straordinario.
Gran parte del lavoro è stata inoltre dedicato alla riorganizzazione del sistema dei servizi sociali e socio-sanitari (già in capo all’Unione da 10 anni come area coordinamento anziani, disabili e tutela minori): si è cercato il giusto equilibrio tra il mantenimento dei servizi infungibili, tra cui i servizi alla persona, e la tutela della salute dei dipendenti e il distanziamento sociale e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuali (mascherine e guanti) di difficile reperimento sul mercato.
Per quanto riguarda i servizi essenziali, l’Unione ha seguito scrupolosamente decreti e ordinanze, attenendosi alle indicazioni e alle misure di contenimento del personale. Abbiamo prima proceduto all’affissione nelle sedi dell’Unione del decalogo delle regole da rispettare. Poi, quando la situazione si è fatta più emergenziale, abbiamo stilato un elenco dei servizi infungibili (principalmente, corpo di polizia locale e servizi alla persona) e impostato lo smart working per gli altri dipendenti. Una nota a parte riguarda invece i servizi cimiteriali, la cui attività è aumentata sia per i decessi locali sia per il supporto dei territori gravemente colpiti (Piacenza, Brescia e Bergamo) nella gestione dei feretri.
Sul fronte organizzativo, oltre a seguire decreti e ordinanze, abbiamo cercato fin da subito di comunicare alle RSU le nuove modalità di lavoro, attivando un confronto che si è rivelato estremamente proficuo: abbiamo un tavolo che settimanalmente si riunisce con modalità a distanza tramite la piattaforma CISCO Webex Meeting all’interno della quale dialoghiamo con le organizzazioni sindacali e le rappresentanze sindacali dell’Unione per affrontare le problematiche legate ai dipendenti, tra i quali registriamo situazioni molto variegate (chi ha visto aumentare il carico di lavoro e i relativi rischi, e chi, come il personale educativo, non ha il servizio attivo).
Un’ulteriore criticità significativa è quella della comunicazione: oggi, per gli amministratori è difficilissimo dare informazioni certe in modalità rapida e stabile. Su questo, il fatto di essere in Unione ci ha permesso di mantenere la compostezza sul fronte comunicativo perché i sindaci hanno mantenuto un forte coordinamento e abbiamo concordato pressoché tutti i passaggi per uscire con comunicati il più possibile omogenei (sulle ordinanze, sulle sospensioni dei servizi all’infanzia 0-6 anni molto presenti in bassa reggiana, sulle indicazioni per i commercianti, sulle misure di contenimento presso uffici e servizi, etc.). Questo coordinamento, pur al costo di qualche rallentamento nel processo, ci ha permesso di dare informazioni condivise (anche con la polizia locale) e, il più possibile, omogenee.

3. Quali sono le principali soluzioni che avete adottato per garantire i servizi alla persona e alle fasce più fragili? Avete adottato soluzioni innovative e sviluppato nuovi servizi?
L’Unione ha messo in campo azioni differenziate per anziani, disabili, bambini e minori. Per quanto riguarda gli anziani, oltre alle raccomandazioni continue di rimanere in casa, abbiamo adottato una specifica modalità di supporto nelle strutture residenziali gestite da ASP Progetto Persona: essendo venute meno le possibilità di visita da parte dei propri cari, sono stati forniti tablet alle strutture residenziali al fine di attivare, con il prezioso aiuto dei collaboratori delle CRA, un servizio di videochiamate con i familiari (#ContinuiamoaVederci). Il servizio è attivo su appuntamento tutti i giorni con tutte le dovute precauzioni sulla sanificazione dei device (informazioni che sono state codificate tramite circolari interne).
Sul fronte disabili, a seguito della chiusura dei centri pubblici diurni sono stati attivati, ove possibile, dei percorsi speciali di sostegno tramite i quali riusciamo a garantire, grazie al supporto degli operatori, delle finestre temporali di supporto alle famiglie e pazienti. Ovviamente questo percorso ha necessitato di una specifica progettualità, sia per le restrizioni, che in considerazione dei destinatari.
Sul fronte dei servizi 0-6 anni, uno dei fiori all’occhiello della bassa reggiana gestiti attraverso l’ente strumentale dell’Unione Azienda Speciale Servizi Bassa Reggiana, segnaliamo la redazione a cura del coordinamento pedagogico di un “Decalogo Covid a misura di bambino” (0-6 anni), tradotto in più lingue. Inoltre, abbiamo attivato delle modalità a distanza per i servizi pedagogici (attraverso una delle piattaforme consigliate dal Ministero, che, in modalità uno a molti, ci permette sia di orientare le informazioni destinate ai genitori, sia di realizzare e condividere delle cartoline pedagogiche): questo ci ha consentito anche di mantenere un contatto con le famiglie, sia per impegnare il tempo in modo proficuo che per differenziare l’informazione ai bambini, in questo momento più che mai sovraccaricati dai media con informazioni legate all’emergenza.
Sul fronte della lotta alla violenza ai minori e alle donne (la cosiddetta ‘Area tutela’) registriamo, invece, la criticità più significativa: le emergenze, purtroppo, continuano ad esserci, e sono in parte amplificate dalla convivenza forzata. Stiamo cercando di proseguire, anche tramite videochiamate, tutti i percorsi di affiancamento alle famiglie e ai soggetti che rientravano nei piani educativi e di recupero (come ad esempio i colloqui protetti), ma questo tipo di supporto risulta di difficile gestione in modalità ‘a distanza’: sebbene riusciamo, nonostante le misure di contenimento, a garantire il servizio, le condizioni di contesto non ci permettono di erogarlo con tutte le caratteristiche che necessiterebbe.

4. Come avete organizzato il lavoro agile? C’erano condizioni di contesto che hanno favorito questa modalità di lavoro a distanza oppure siete partiti ex-novo? Quali criticità avete riscontrato nell’applicare lo smart working?
Una breve premessa: abbiamo attivato il SIA in forma associata nel 2012, dopo l’emergenza legata al sisma che ha colpito l’Emilia a fine maggio di quell’anno, e negli anni seppure con molta lentezza abbiamo avviato un percorso verso la transizione digitale e l’Agenda Digitale Locale. Da gennaio 2020 siamo ente sperimentatore per lo smart working (di concerto con la Regione Emilia-Romagna, che ha attivato il progetto VeLA). Per tali ragioni siamo arrivati almeno teoricamente preparati a questi giorni. Abbiamo quindi attivato 150 postazioni di lavoro agile in pochi giorni (su poco più di 400 postazioni di lavoro dipendente tra comuni e unione) pari a circa il 40%. Per facilitare questa forma di lavoro abbiamo fornito alcuni notebook e n. 75 soluzioni di connettività (attingendo alle offerte e preventivi nati dal Fondo di solidarietà digitale). I nostri tecnici informatici hanno configurato i gestionali sui portatili dei dipendenti, sia quelli di dotazione d’ufficio sia quelli di uso personale, per garantire gli standard minimi di sicurezza. Sul portale dell’Unione abbiamo creato una sezione dedicata al #Kit dello smart worker che fornisce una nutrita serie di informazioni: a) formazione tramite materiale audiovisivo; b) linee guida; c) normativa; d) info-grafiche sulle principali piattaforme di web meeting; e) i nostri progetti speciali.
Abbiamo a riguardo ingegnerizzando in casa un iter che può essere sintetizzato come segue.
Il primo passaggio è stata la compilazione di un form online: chi vuole accedere allo smart working deve fare richiesta online (attraverso Elixform), elemento che ci ha permesso di gestire e protocollare tutte le domande. Il secondo step è stato la redazione, di concerto con il proprio responsabile, di un percorso di lavoro settimanale. La terza fase, una volta autorizzato lo smart working, è stata il monitoraggio: lo stiamo effettuando attraverso la tenuta di un #Diario di bordo sull’attività svolta, all’interno del quale i dipendenti in lavoro agile devono rendicontare sia l’attività svolta, ma anche dare un feedback sugli aspetti tecnologici (connessione ai gestionali e fruizione di dotazioni), sugli aspetti organizzativi e sugli aspetti relazionali.
Il lavoro agile ci sta dando degli spunti molto interessanti da coloro che lavorano a distanza: ad esempio l’ufficio unico tributi, fatta eccezione per il front office (che ora riceve solo su appuntamento e con dotazione di un vetro protettivo), lavora totalmente in smart working, coinvolgendo 12 persone. Da questo ufficio stanno giungendo proposte interessanti sulla riorganizzazione e sulla semplificazione del servizio una volta che l’emergenza sarà terminata, distinguendo nettamente il carico di lavoro che sarà necessario assicurare in presenza e quello che invece sarà possibile fare da remoto. Simili sollecitazioni ci stanno giungendo anche dal servizio educativo 0-6 anni, dal servizio commercio e dallo sportello attività produttive: sebbene i servizi siano già interamente dematerializzati, ci si sta rendendo conto che è possibile semplificare ulteriormente alcuni procedimenti. Infine, tutti i venerdì abbiamo attivato un momento di confronto (che abbiamo chiamato #CameraCafè) con tutti i responsabili dei progetti in smart working in videoconferenza: questo ci permette di adeguare le competenze sul tema del digitale anche a livello più apicale. Ad oggi, considerando che alcuni servizi non possono accedere alla forma di lavoro a distanza in quanto garantiscono attività che devono essere realizzate in presenza (come ad esempio gli agenti di polizia locale e gli assistenti sociali), abbiamo circa il 40% dei dipendenti in smart working, con un picco del 90% su un comune.

5. In che termini l’associazionismo comunale ha rappresentato un valore aggiunto per fronteggiare la crisi in atto?
L’associazionismo è stato un valore perché siamo da più di dieci anni abituati a lavorare insieme, ed è soprattutto nelle situazioni di emergenza che questa rete deve essere ancora più protettiva. Il dato ormai acquisito è che il confronto tra amministratori è imprescindibile, e che dall’Unione non si torna indietro. Non stiamo arretrando nemmeno di fronte a questa emergenza: i sindaci sono riusciti a fare squadra tra loro con caratteristiche di collaborazione e confronto di grandissima forza, anche con amministrazioni neoelette (maggio 2019); sono amministratori molto proattivi nel confronto, e di questo siamo davvero orgogliosi. Avevamo già affrontato come Unione l’emergenza legata al terremoto del 2012: sebbene fosse un altro tipo di emergenza, quell’esperienza ci ha permesso di capire che dalla collaborazione nascono risposte più coese e servizi più forti.

6. Quali saranno le priorità su cui bisognerà intervenire sul piano dei servizi e della gestione organizzativa nel post-emergenza?
Dobbiamo sicuramente ripensare il sistema dei servizi sociosanitari. Anche le nostre eccellenze sul piano socio-pedagogico, ad esempio, non sono purtroppo al riparo dalle minacce che possono venire dall’ambiente esterno, e questa emergenza Covid ce lo dimostra. Ci siamo resi conto per esempio che sul fronte pedagogico e sul fronte sicurezza-igiene avremo forse bisogno di più operatori: cambieranno probabilmente alcune abitudini, serviranno più accortezze, e pertanto dovremmo adeguarci anche dal punto di vista delle risorse.

7. Quando l’emergenza sarà finita, e ci auguriamo tutti che questo momento arrivi presto, cosa avrete appreso, come Unione, da questa esperienza?
Dovremmo sicuramente chiederci come recuperare il sistema produttivo e dei servizi.
Occorrerà allinearsi sullo sviluppo strategico per uscire dalla crisi, specialmente facendo leva sul rapporto pubblico-privato, che dovrà entrare sempre più nell’alfabeto degli amministratori e dei funzionari.
Inoltre, dovremmo sempre più fare dell’Agenda Digitale Locale l’orizzonte della programmazione. Tanti ci chiedevano cosa fosse in concreto l’Agenda Digitale; questa emergenza ci servirà come base di risposta ovvero che l’Agenda è la programmazione di medio periodo della bassa reggiana per dotare il territorio dei giusti servizi di infrastruttura e rete capaci di supportare un nuovo modo di lavorare della PA e delle imprese, nonché per i cittadini di rapporti con i servizi pubblici. E la capacità di stare sulle competenze digitali sarà l’apprendimento più tangibile di noi funzionari da mettere a disposizione subito per nuove modalità di gestione dei servizi pubblici e per innovare il nostro “sistema bassa reggiana”.

Per saperne di più:

Il sito istituzionale dell’Unione Bassa Reggiana Il kit dello smart worker Il decalogo anti-Covid per i più piccoli Il progetto ‘Continuiamo a vederci’

Torna all'inizio del contenuto